19 anni fa Maria Bonino fu la prima ad avvisare le autorità sanitarie dell’Angola del dilagare nel distretto di Uije, di una febbre emorragica altamente letale a cui non era in grado di dare un nome, se non rivolgendosi alle autorità sanitarie angolane.

Purtroppo quest’ultime non presero in considerazione il suo appello tanto che, in autonomia, si rivolse al CDC (Center for Disease Control and Prevention) di Atlanta inviando campioni di sangue da analizzare. Qualche mese dopo purtroppo si ammalò lei stessa di questo virus ancora sconosciuto e il 24 marzo 2005 morì.

Oggi il Ruanda ha finalmente iniziato la sperimentazione del vaccino contro il virus di Marburg, nome scientifico del virus che aveva denunciato Maria, e che è stato responsabile dell’epidemia che se l’è portata via insieme a tanti suoi piccoli pazienti. I sintomi della malattia includono febbre alta, forti mal di testa e malessere, che si sviluppano in genere entro sette giorni dall’infezione.

Nel Paese è in corso una piccola epidemia e il ministro della Salute ruandese Sabin Nsanzimana, ha annunciato in una conferenza stampa una nuova sperimentazione dalla portata storica proprio perchè attualmente, non ci sono vaccini o trattamenti autorizzati.

A Kigali, capitale del Ruanda, è stato intervistato dai media locali e ha confermato che il primo ciclo di vaccinazioni sperimentali sarà rivolto agli operatori sanitari, ai soccorritori e alle persone che sono entrate in contatto con casi confermati di Marburg:

“Abbiamo ricevuto 700 dosi del vaccino e speriamo che presto ne arriveranno altre per continuare i nostri sforzi nella salvaguardia della salute della nostra gente”.

Brian Chirombo, rappresentante dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) in Ruanda, ha sottolineato nella stessa conferenza stampa l’importanza di proteggere gli operatori sanitari, sottolineando che il virus ha inizialmente colpito il personale medico:

“Se i dottori si ammalano, non ci sarà nessuno a curare le persone. Dobbiamo proteggere i nostri operatori in prima linea per garantire che possano continuare a salvare vite”.

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