Ci uniamo all’invito del poeta Franco Arminio a fermarsi 5 minuti per pensare a chi, in questi mesi, non ce l’ha fatta a sopravvivere al contagio ed è morto lontano dai propri cari. Come accadde anche a Maria Bonino. E ci uniamo all’invito di Papa Francesco I a lasciarsi andare al pianto.
Lo facciamo condividendo la lettera che il 7 settembre 2003 Maria Bonino scrisse da Uige alla nipote Margherita: «Qui si va avanti, non so neanche da che parte cominciare a raccontarti. Stanotte sono venuti a chiamarmi dall’ospedale per una bambina che stava male, quando sono arrivata era già morta. Verrebbe quasi voglia, potendolo fare, di diventare impermeabili al dolore e riuscire a considerare queste morti, per evitare molte delle quali in coscienza non saprei cosa fare tanto di più, una specie di incidente di percorso, inevitabile.
Purtroppo però non sono soltanto dei numeri nelle statistiche del reparto ma dei bambini, delle mamme e dei papà che piangono, e ti assicuro che il peso di tutta questa sofferenza a volte diventa quasi insopportabile. Alle volte mi viene voglia di scappare, specialmente dal Banco de Urgência…Mi stupisco di come riesco a stare calma e a lavorare togliendo l’audio».