Viviamo in quartieri popolari di Kinshasa, capitale del Congo, Paese immenso ricco di umanità e di risorse di cui solamente pochi approfittano dimenticando i milioni di Congolesi che soffrono quotidianamente.
Nei nostri quartieri la miseria è grande: strade sporche, piene di immondizia di ogni genere, tante case, scuole, bar, mercatini, Centri di salute senza fognature, elettricità e acqua che arrivano a giorni alterni. Quando, poi, le piogge sono torrenziali tutte le vie diventano veri e propri ruscelli. La pioggia crea gravi problemi di erosione: casette che cadono, tetti che crollano.
Spesso mi domando come mai qui il colera non è ancora arrivato. Il Buon Dio ci vuole un sacco di bene e ci protegge malgrado l’incoscienza degli amministratori e il poco amore di molti abitanti verso il quartiere! In questo tempo ci mancava solo il Coronavirus! Dal 19 marzo tutto è bloccato: scuole, università, chiese, bar… quartieri del centro città confinati e sotto controllo. Si parla di 25 morti soprattutto in Kinshasa centro e più di 200 i contagiati.
La gente dovrebbe per sicurezza rimanere in casa ma è impossibile per i nostri ragazzi e giovani rimanere chiusi in case che sono, per lo più, dei tuguri in cui vivono più di 10 persone per famiglia e dove, nello stesso spazio, vivono 3 o 4 famiglie.
Così senza scuola bimbi e giovani sono tutto il giorno per strada a giocare a pallone, carte e dadi, a chiacchierare in attesa di poter mangiare almeno una volta verso sera. Per sfamare tante bocche le nostre mamme con tanta fatica escono di casa a comprare, rivendere, macinare il mais o la manioca, coltivare piccoli campi. La vita continua.
Uno che entra nei nostri quartieri nota qualcosa di strano che non c’era prima: la mascherina, che viene usata soprattutto quando si vede da lontano qualche poliziotto.
La violenza e i ladri purtroppo sono aumentati in questi giorni.
Benché le attività parrocchiali siano ferme, celebriamo con 20 persone solo la domenica, i nostri cristiani non ci hanno lasciati soli: vengono a trovarci e sono molti quelli che portano il decimo del loro lavoro e sacrificio: frutta, verdura, un pò di riso o farina… noi sacerdoti continuiamo con il progetto dell’acqua, il pranzo ai bimbi malati e malnutriti, l’aiuto ai poveri e la visita agli ammalati. La preghiera personale e in famiglia è aumentata. Da più di un mese un gruppetto di giovani, alla sera, recita con me il Santo Rosario.
Continuiamo a pregare per voi famiglie e amici europei e chiediamo al Signore di proteggerci: il virus corona non arrivi nei nostri quartieri senza strutture sanitarie adeguate, senza personale preparato… i contagiati sarebbero molti e la morte sarebbe di casa, nostra compagna di cammino.
Padre Rinaldo Do
Ebola, morbillo e coronavirus sono responsabili della crisi sanitaria in Congo
La Repubblica democratica del Congo si trova nella parte centro-occidentale dell’Africa subsahariana, a cavallo dell’Equatore. Qui il rischio di contagio da Coronavirus si somma alla seconda ondata di Ebola, che dall’inizio del 2019 ha fatto 3 mila morti, e con il morbillo che ha già ucciso 6.500 bambini e ne ha infettati 335 mila.
Con la chiusura dei confini e la dichiarazione dell’emergenza nazionale per il Coronavirus, poco dopo la metà di marzo, il fotogiornalista canadese-britannico Finbarr O’Reilly, vincitore dell’undicesima edizione del premio Fotogiornalismo di Carmignac dedicato alla Repubblica democratica del Congo, sta documentando le crisi sanitarie che la attraversano con la collaborazione di giornalisti e fotografi locali. Il 28 aprile sono iniziate le prime pubblicazioni sul sito web Congo in Conversation.
Cosa sta succedendo a Kinshasa
Anche se gran parte di Kinshasa è stata chiusa a partire dal 19 marzo, le strade sono state a lungo affollate. Le persone hanno continuato a cercare di guadagnarsi da vivere. La maggior parte della popolazione sopravvive con meno di 2 dollari al giorno e le persone non credevano che il virus potesse costituire una minaccia per loro.
Il governo, a partire dal 19 marzo, ha iniziato la campagna di comunicazione sui rischi del contagio da Coronavirus e ha messo in atto azioni di salute pubblica come il controllo della temperatura, l’installazione di lavamani e la distribuzione di detergenti ma la maggior parte della popolazione non ha accesso all’acqua e all’elettricità. Tutte le scuole resteranno chiuse fino all’11 maggio. Attualmente accolgono quotidianamente soltanto i figli degli operatori sanitari e riapriranno gradualmente, mentre le università riapriranno in estate.
Sul territorio è importante la presenza dei gruppi di volontari che si recano nei quartieri più poveri come il quartiere chiamato Katoyi, un’area con scarso accesso all’acqua corrente, per incontrare la popolazione e fornire informazioni utili alla prevenzione del contagio. A Katoyi i volontari hanno incontrato alcune donne vedove e le hanno informate sull’importanza di lavarsi le mani e sul fatto che quando l’acqua è scarsa, possono usare gel disinfettanti.
I numeri dei contagi e dei decessi per Coronavirus
A Kinshasa, la capitale della Repubblica democratica del Congo, i contagiati da Coronavirus sono 705 e 34 i morti. Mentre a Brazzaville, la capitale della Repubblica del Congo, si contano 236 contagiati e 10 decessi.
Ci sono stati cinque casi confermati nella provincia del Nord Kivu, tre dei quali a Goma. Tutti sono guariti.
Questi sono i numeri resi noti dalla Johns Hopkins University fino a oggi 5 maggio 2020.
I dati aggiornati a febbraio 2022: a Brazzaville, capitale della Repubblica del Congo, si contano 23.860 contagiati e 375 deceduti. Mentre a Kinshasa, la capitale della Repubblica democratica del Congo, i contagiati sono 85.776 e i morti 1.316.
Per saperne di più sul progetto sostenuto dalla Fondazione Maria Bonino in Congo clicca qui
La Fondazione Maria Bonino ringrazia Finbarr O’Reilly per la concessione delle immagini che fanno parte del progetto Congo in Conversation.
Il Prix Carmignac, individua ogni anno un’indagine sulle violazioni dei diritti umani e le questioni ambientali sostenendola. Finbarr O’Reilly avrebbe dovuto raccontare la costruzione degli impianti idroelettrici nel Parco nazionale del Virunga, in Congo, che forniranno elettricità e acqua alla popolazione del Kivu ma la chiusura dei confini, e la dichiarazione dell’emergenza nazionale per il Coronavirus, hanno spostato il progetto sulle crisi sanitarie che stanno attraversando il Paese