La scultura “Maternità africana” di Cecilia Martin Birsa è un’opera che verrà esposta all’interno della mostra “Maria Bonino. La vita è la realizzazione del sogno della giovinezza”.
Come nasce la scultura di Cecilia Martin Birsa? Lo racconta lei stessa in questa lettera che ha scritto per la Fondazione Maria Bonino.
“Nell’accogliere i visitatori allo Spazio Cultura della Fondazione CRB in occasione della mia mostra maternità nel Marzo di quest’anno, e trovandomi a spiegare le ragioni profonde che mi avevano spinto a celebrare la maternità per mezzo delle mie opere scultoree, sono stati in molti a chiedermi “ma c’entri qualcosa con la mostra al Museo del Territorio?”
In quello stesso periodo al Museo del Territorio veniva ospitata la mostra fotografica che racconta la vita e la storia della dottoressa Maria Bonino, che in effetti per me rappresenta la madre per eccellenza: prendersi cura degli altri è la più alta forma di amore e di maternità a mio parere, e proprio su quel concetto avevo articolato la mia mostra.
Mia Bonino era un nome che avevo già sentito innumerevoli volte: chi a Biella non la conosce? Avevo visto la sua foto in diversi saloni del Borgo di Bagneri, conoscevo la missione che l’aveva portata in diversi posti dell’Africa ad aiutare gli ultimi e i più indifesi e sapevo che questo le era costato la vita, motivo il quale la vedevo come una figura eroica e molto lontana da me.
Andando a visitare la mostra, attraverso le immagini e soprattutto il racconto delle donne che tengono viva la Fondazione a suo nome, mi sono trovata davanti un’anima vivace, sognatrice, certamente non convenzionale, estremamente umana, lontana dalla figura eroica che mi ero immaginata. Anzi, la frase che me l’ha fatta sentire vicinissima, ed è uno dei concetti più potenti che ho mai incontrato, è che “ la vita è la realizzazione del sogno della giovinezza” la frase che era stata di Papa Giovanni XXIII e che Maria ha fatto sua, presente nel libro scritto dalla bravissima Claudia Ghirardello.
Prendersi cura della bambina al proprio interno è uno dei concetti della maternità per me; dopo avere letto il libro e visitato la mostra sono stata per settimane assorta dai miei pensieri: la magia della Fondazione Maria Bonino, a mio parere, non sta nel celebrare il coraggio, il sacrificio della Dottoressa Bonino, che non ho conosciuto di persona ma che sono certa non avrebbe per niente gradito essere messa sul piedistallo, ma a farla sentire vicina a chiunque di noi che ne osserva il sogno, un sogno talmente potente che si sta realizzando oggi, nel presente.
Sono rimasta incantata dalla figura della piccola Giacinta che sotto la guida e i finanziamenti della dottoressa Bonino prima, e della famiglia di lei poi è riuscita a diventare medico e aiutare lei stessa la sua gente.
Mi ha talmente suggestionato questa storia che ho cominciato a delineare una scultura: maternità africana.
La pietra ce l’avevo già da mesi nel mio laboratorio in montagna e, fino a quel momento, non avevo saputo decifrarla: lunga abbastanza per contenere due figure, percorsa da una linea di quarzo bianco e nera come l’Africa ma di provenienza Valle d’Aosta, dove operava in Italia Maria.
Non volevo fare proprio un ritratto, volevo rappresentare una donna che simboleggiasse tutte quelle donne che scendono in campo ogni giorno per aiutare le persone più indifese. Ho chiesto a una bimba di appena due anni, ospite con la sua mamma della casa rifugio per donne vittime di violenza dell’associazione Underground, di essere la mia modella; la presidente Alessandra Musicò aveva portato lei e la sua mamma al laboratorio di disegno allo Spazio Cultura e mi erano rimasti impressi gli occhi di quella bambina, di una dolcezza infinita e luminosissimi.
La sua mamma, guardando un sassolino dell’Elvo, ci aveva visto e disegnato il suo villaggio africano, dove le donne preparavano la farina dentro a dei grossi vasi tipici del suo paese, mi aveva spiegato. Quando le ho raccontato la storia di Maria le si sono illuminati gli occhi ed è stata molto contenta che la sua bambina fosse la mia musa e la mia modella per questa scultura. Per la mamma ho preso ispirazione dalla figura di Alessandra Musicò che come operatrice del centro antiviolenza si prende cura di donne in difficoltà ogni giorno. Il punto focale della scultura è la bambina, non la madre, perché maternità è guardare al futuro.
La Fondazione Maria Bonino sta facendo un lavoro enorme non soltanto nelle opere di bene che concretamente continua a mettere in atto ma anche nella delicatezza e nella modestia con cui lo fa: caratteristiche squisitamente femminili e così importanti soprattutto in questo momento dove l’immagine è tutto. Io che mi occupo di scultura, perché mette in campo altri sensi oltre la vista, ho trovato un incanto particolare nell’incontro con le persone che operano nella Fondazione Bonino: persone per bene. La più grande magia che si trova in questo mondo, mi sono trovata spesso a pensare, è quando il sogno della giovinezza di qualcuno contagia anche qualcun altro.
Nel mio lavoro di scultrice, trovandomi a raccontare stati d’animo femminili di dolore o di rabbia, cerco di dare sempre un senso anche di abbraccio, cerco di raccontare come dal dolore si possa arrivare ad un amore verso se stessi e verso gli altri. Quell’energia, quella speranza che cerco di comunicare a chi ne ha bisogno e esigenza di ascoltare l’ho ritrovata pagina dopo pagina nel libro sulla vita di Maria, raccontata nella sua vivacità senza orpelli, in una maniera semplicissima, come fosse già scolpita in pietra. Nella mia mente si sono intrecciate le voci della sorella Cristina, che con grande leggerezza ha saputo trasformare un dolore inimmaginabile in bellezza lavorando in squadra sia con la famiglia biologica ovvero il fratello Paolo, i genitori e i nipoti, sia in sinergia con la nuova famiglia formata dalle persone della Fondazione Maria Bonino. ”
Cecilia Martin Birsa, scultrice in pietra di torrente©
Link al blog https://blog.ceciliascultrice.it/2024/09/11/maternita-africana/
La Fondazione Maria Bonino ringrazia Cecilia per queste splendide parole e per la sua unica e magnifica opera.